Prima tappa 2025:
Abbazia di Santa Croce in Sassovivo, Foligno
Parola declinata: Tradizione
La diciannovesima tappa del nostro cammino si è svolta in Umbria a Foligno, provincia di Perugia, dove l’11 gennaio 2025 abbiamo raggiunto in mattinata il Monastero di Sant’Anna e, nel pomeriggio, l’Abbazia di Santa Croce in Sassovivo.
La parola che ha caratterizzato questo appuntamento era: Tradizione.
La tappa di Foligno è stata importante in quanto non solo ha aperto il terzo anno del nostro viaggio per le Abbazie europee iniziato nel 2023, ma è stata anche la prima meta raggiunta dopo l’apertura delle Porte Sante e l’avvio ufficiale del Giubileo. Il pellegrinaggio etico e culturale di “In cammino” si conclude infatti nel dicembre 2025, “arrivando” a Roma proprio in concomitanza con la chiusura dell’Anno Santo. Se nel 2023 c’è stata la prima fase del “partire”, nel 2024 quella del “transitare”, quest’anno è la fase finale dell’”arrivare” ad accompagnare il nostro viaggio.
Il Monastero di Sant’Anna sorge nel cuore cittadino di Foligno ed è retto dalle Suore Terziarie Francescane della Beata Angelina. La sua fondazione risale al 1383 ad opera della suddetta Angelina dei Conti di Montegiove e di Marsciano, ed è ancora oggi uno scrigno di rara bellezza architettonica contenente affreschi e dipinti di pregevole fattura. Fino al 1798, prima delle spoliazioni napoleoniche, era qui conservata la Madonna di Foligno di Raffaello, ritornata di recente per una esposizione temporanea nel suo luogo di collocazione originario.
Nella Sala Conferenze del Monastero, nella mattinata di sabato 11 gennaio ha dunque preso il via il nostro diciannovesimo appuntamento con il convegno: “Tradizione e innovazione. Storia ed attualità delle eccellenze del territorio umbro”, presieduto da Livia Pomodoro – titolare della Cattedra Unesco “Food Systems for Sustainable Development and Social Inclusion” presso l’Università Statale di Milano – e coordinato da Tonino Bettanini, Direttore di In cammino – Abbazie d’Europa. Il quale, dopo aver ringraziato il Comune e la Pro Foligno per la disponibilità dimostrata e la calorosa accoglienza ricevuta dal nostro team, ha spiegato che “le tappe che organizziamo hanno in genere un andamento tripartito e questa prima parte è dedicata al mondo dei territori e delle loro eccellenze: voi sapete infatti che la storia delle Abbazie è caratterizzata da invenzioni, scoperte, dalla coltivazione e dalla movimentazione di prodotti legati al territorio. Una conoscenza che nasce dall’agricoltura e da un passato che attualmente parla sempre più di sostenibilità e di economia circolare…”.
La parola è passata, per il momento dei saluti istituzionali, a Lorenzo Schiarea – Assessore alle Politiche sociali, Welfare, Edilizia residenziale pubblica e Cooperazione internazionale – che ha tra l’altro portato il benvenuto del Sindaco di Foligno Stefano Zuccarini. “Ringrazio tutti voi e la Presidente Pomodoro per questa splendida iniziativa – ha affermato l’Assessore. – Il convegno di oggi è molto interessante non solo perché si svolge in due luoghi simbolo della nostra città, ma perché In cammino porta a riscoprire quelle meravigliose oasi di riflessione e di pace che sono le Abbazie, le quali hanno preservato nei secoli la cultura del continente europeo. Andare a valorizzare tali complessi, come nel nostro caso nel pomeriggio Sassovivo, è di fondamentale importanza, poiché ci collochiamo in un periodo storico dove purtroppo molte di queste strutture e la loro storia sono poco o per nulla conosciute dalle nuove generazioni”.
A seguire l’intervento di Luca Radi, Presidente della Pro Foligno, che ha ringraziato anch’egli la Presidente Pomodoro per aver scelto di fare tappa in Umbria: “Come Pro Foligno siamo particolarmente felici di questo incontro e del tema ad esso legato, dato che la principale attività della Pro Loco è proprio la promozione della città e del territorio anche e soprattutto attraverso la conservazione, la trasmissione e l’attualizzazione delle sue tradizioni, da quelle gastronomiche ed alimentali a quelle storiche e culturali”.
Il convegno è entrato nel vivo con Claudio Serafini, Direttore di Organic Cities Network Europe.
“Quando parliamo di tradizione – ha sottolineato Serafini – si deve parlare anche di innovazione. Il professor Bettanini lo ricorda spesso: il Medioevo era un’epoca non soltanto di stagnazione quanto di tecnologie, di rinnovamento tecnologico: certo, in un contesto culturale differente dall’odierno. Questo è stato il significato di ‘tradizione’ per secoli in regioni quali l’Umbria, la Toscana, l’Emilia Romagna… Nel 1991, la Commissione Europea elabora un regolamento per le produzioni di qualità, le produzioni protette, e contemporaneamente nello stesso periodo vara il regolamento per l’agricoltura biologica. L’anno successivo, nel ’92, c’è il Trattato di Maastricht… Diciamo quindi che gli inizi degli anni ’90 segnano l’avvio di quella che possiamo definire un’innovazione, ovvero il tentativo di preservare da parte del legislatore europeo la genuinità di quei prodotti agricoli che mostrano un legame forte con un territorio, con le persone che vi vivono, con i saperi produttivi e il ‘modo di fare’ di quello specifico luogo. Un particolare di rilievo, visto che oggi in Europa ci sono circa 3.500 denominazioni protette, dop e indicazioni geografiche…L’Italia, insieme alla Francia, fa in tal caso la parte del leone, in quanto il nostro Paese possiede oltre 880 prodotti alimentari di qualità, vale a dire il 25% dell’intero patrimonio dell’Unione Europea, seguito da Francia, Spagna, Grecia… Come si colloca l’Umbria in questo quadro? E’ una delle prime regioni, se non la prima, per quanto concerne l’olio extravergine di oliva: la dop è arrivata nel 1998, ed è una certificazione regionale che comprende tutta la regione e non una singola zona circoscritta della stessa, seppur poi ci sono zone, sottozone e così via… E questo è stato un modo per l’Umbria di porsi a livello nazionale ed europeo, attraverso l’olio extravergine così come attraverso altri prodotti certificati, tipo il farro di Monteleone, le lenticchie, la patata rossa di Colfiorito, il prosciutto di Norcia…”.
Mauro Gramaccia, referente per il servizio di salvaguardia della biodiversità regionale di interesse agrario di “3A – Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria” con sede a Todi, ha affrontato il tema: “Agrobiodiversità: una ricchezza da esplorare fra tradizione e innovazione”. “Tenuto conto che il titolo di questo convegno si richiama alle eccellenze umbre – ha specificato Gramaccia – occorre ora determinare quali sono le tante eccellenze del nostro territorio. Sicuramente tra queste ci sono le eccellenze storico-architettoniche, oltre ovviamente a quelle eno-gastronomiche che costituiscono tra l’altro una parte importante dell’attività di lavoro del Parco Tecnologico Agroalimentare. Perché le consideriamo eccellenze, che cosa possiedono di eccellente questi prodotti rispetto ad altri? L’eccellenza, a mio avviso, è formata essenzialmente da tre fattori: il primo consiste in ciò che viene coltivato o allevato; c’è poi il territorio, inteso come il luogo dove queste attività si svolgono, dai campi alle stalle per gli allevamenti; infine la componente del mercato, che va di volta in volta costruita… Si tratta dunque anche di un investimento che deve guardare al mercato e ai consumatori di questi prodotti, unendo tradizione e innovazione… Il primo di questi fattori è quel patrimonio di risorse genetiche, quella ricchezza di varietà che tuttora persiste a livello della nostra regione e che possiamo definire agrobiodiversità”.
Nel corso del suo intervento incentrato sul valore di tradizione e innovazione da un punto di vista tecnologico e scientifico, il professor Pierluigi Mingarelli, Direttore del Laboratorio di Scienze Sperimentali di Foligno, ideatore e animatore della “Festa di Scienza e Filosofia” nata in questa città nel 2011 e giunta l’anno scorso alla sua XIII edizione, si è soffermato sul progetto di creare un’associazione ad hoc per la promozione e la salvaguardia delle Abbazie dell’Umbria e delle Marche, sulla falsariga dell’”Istituto per la valorizzazione delle Abbazie Storiche della Toscana” con sede a Torrita di Siena. Purtroppo il progetto, dopo gli incontri preliminari, “si è arenato per il sopravvenire della pandemia di Covid”.
La professoressa Chiara Biscarini, co-titolare della Cattedra Unesco sulla gestione e la cultura delle risorse idriche presso l’Università per Stranieri di Perugia, ha illustrato i temi di cui si occupa la Cattedra. “Sono di formazione un ingegnere, un professore in costruzioni idrauliche, ma penso che l’invito a questo convegno mi sia stato indirizzato in quanto lavoro in ambito delle Cattedre Unesco occupandomi di acqua e cultura. Quindi è vero che sono un ingegnere, ma mi sono anche ‘sporcata le mani’ con le scienze umane… La Cattedra Unesco è all’Università di Perugia, più nota forse per i corsi di lingua, anche se dai primi anni ’80 esiste appunto un settore di gestione delle risorse idriche da un’ottica scientifica e ambientale. Inoltre in Umbria ospitiamo l’Agenzia Unesco World Water Assessment Programme (Programma per la valutazione delle risorse idriche mondiali). Il report annuale di questo centro ruota sempre intorno a un tema cardine: tale rapporto contiene i contributi di tutte le Agenzie che si occupano di acqua e che toccano diversi aspetti, da quello scientifico a quello dell’impatto culturale e umano.
Si tratta di temi come: l’acqua e il lavoro, l’acqua e le questioni d’igiene… Il tema di quest’anno era l’acqua e la pace. E devo dire che si coniuga bene con l’aspetto delle Abbazie, che ci riportano a un clima di rappacificazione e di pace interiore. Trovo interessantissima l’idea del vostro cammino con una partenza, un transito e un arrivo: mi ha rammentato molto il corso di un fiume, dalla sorgente fino alla foce. In realtà i fiumi nascono in genere da un piccolo rigagnolo d’acqua, visto che tutti i contributi provengono dal bacino idrografico. Noi di solito immaginiamo il fiume dentro a un determinato letto, quando invece la sua acqua proviene da un territorio molto più ampio denominato appunto bacino idrografico, da dove tutte le acque, che vanno da quelle meteoriche a quelle di fusione di ghiacciai e nevai, confluiscono all’interno di quel corso d’acqua. Ciò è importante sia da un punto di vista fisico, poiché impattare in un punto del territorio anche molto distante potrebbe portare a delle conseguenze per il fiume, sia da un punto di vista politico-amministrativo, considerando che l’acqua e la geofisica non hanno dei confini o delle frontiere prestabilite”.
Ha chiuso il convegno l’intervento del professor Ivo Picchiarelli, storico delle tradizioni popolari umbre. “I due santi che hanno caratterizzato in modo significativo il primo e il secondo Millennio della storia occidentale sono San Benedetto da Norcia e San Francesco d’Assisi, entrambi umbri. E’ al primo che in particolare facciamo riferimento, dato che la civilizzazione in Europa ha seguito le tappe del diffondersi nella stessa del modello di comunità monastiche che hanno nella regola benedettina il loro punto di nascita e di sintesi. Una regola basata sul lavoro che contraddistingue il monachesimo occidentale e dà l’identità più profonda al nostro continente. Chi mi ha preceduto ha parlato in modo dettagliato e non casuale della gestione delle acque, ebbene l’irreggimentazione delle acque è strettamente legata all’origine dell’evangelizzazione benedettina in Europa e nel mondo conosciuto all’epoca. Il ‘Miracolo della roncola ritrovata’ è alla base della regola di San Benedetto e rappresenta il recinto di fondazione dell’Europa. Quello della roncola è un episodio banalissimo, illustrato già nella Cattedrale di Norcia dedicata al Santo. Vi si narra che si era presentato a chiedere l’abito monastico un Goto e Benedetto lo aveva accolto con particolare benevolenza. Un giorno il Santo gli fece dare una roncola perché liberasse dai rovi un pezzo di terra che intendeva coltivare ad orto. Il terreno che il Goto si accinse immediatamente a sgomberare si stendeva proprio sopra la ripa del lago. L’uomo lavorava vigorosamente, tagliando con tutte le forze cespugli densissimi, quando ad un tratto il ferro sfuggì via dal manico e piombò nel lago, proprio in un punto dove l’acqua era talmente profonda da non lasciare alcuna speranza di poterlo ripescare. Tutto tremante per la perdita dell’utensile, il Goto corse dal monaco Mauro, gli rivelò il danno fatto e chiese di essere punito per questa colpa. Mauro ebbe premura di far conoscere l’incidente a Benedetto che si recò immediatamente sul posto, tolse dalle mani del Goto il manico di legno e lo immerse nelle acque. All’istante il ferro dal profondo del lago ritornò a galla e andò a innestarsi nel manico. Il Santo rimise quindi lo strumento nelle mani del Goto, dicendogli: ‘Lavora e non ti rattristare’. E’ questo il momento culminante e simbolico in cui il Santo evangelizza ’Europa, poiché trasforma un rozzo Goto da nomade a stanziale, da pastore in agricoltore, da pagano in Cristiano”.
La Presidente Livia Pomodoro ha infine tratto le conclusioni del convegno della mattinata.
“Intendo innanzi tutto ringraziare i nostri relatori e coloro che hanno seguito questo dibattito con tanta attenzione e compartecipazione… Quest’oggi abbiamo ascoltato una serie di voci differenti – tutte interessanti e importanti – su tradizione, innovazione e i sistemi di trasmissione di quella stessa tradizione che deve essere assolutamente conservata e preservata, e ciò mi ha fatto pensare ad una realtà in cui noi tutti dobbiamo sforzarci di essere più attivamente presenti. Abbiamo bisogno di conoscere ciò che ha rappresentato il nostro passato nel bene come nel male, perché questo ha sicuramente un fortissimo legame con quello che sarà, o che potrebbe essere, il nostro futuro… Un futuro da guardare con fiducia e speranza, anche e soprattutto in relazione a ciò che ci è stata tramandato di positivo, in un orizzonte decisamente diverso da quello attuale, così triste e conflittuale… Questo nostro viaggio nelle Abbazie d’Europa è stata un’esperienza straordinaria sotto ogni profilo, ma il punto a mio giudizio più entusiasmante è stato il trovare così tanto interesse e attenzione verso ciò che noi stavamo facendo… Non abbiamo costruito probabilmente nulla, ma abbiamo conosciuto molto, e se questa conoscenza saremo in grado di metterla a disposizione degli altri, ciò sarà molto utile per il nostro futuro.
Per un tempo a venire, non per quello attuale così piccolo e modesto, bensì per un tempo che riguarda i giovani e coloro che si affacciano oggi alla vita… Il grande merito che attribuisco alle Abbazie d’Europa è proprio questo: l’idea sotterranea, forte e spesso inconsapevole di sentirsi comunità, di poter costruire un avvenire nuovo nel segno della tradizione e dell’umanità”.
La giornata dell’11 gennaio è proseguita, nel pomeriggio, all’Abbazia di Sassovivo
che sorge a pochi chilometri da Foligno, alle pendici del Monte Serrone, immersa tra
boschi di leccio, ginepro e pino d’Aleppo.
Fondata intorno al 1070 da monaci benedettini, il monastero accoglie attualmente i
Piccoli Fratelli di Jesus Caritas.
Sassovivo è uno dei complessi monumentali più significativi dell’Umbria, dove le
testimonianze storiche e artistiche del passato si coniugano con la devozione popolare
ancora oggi molto viva e sentita. Nel 2010 l’Abbazia ha ricevuto il riconoscimento da
parte dell’Unesco di “Patrimonio testimone di una cultura di pace”, proprio per il suo
essere fin dalla fondazione un simbolo di pace tra i popoli.
Nell’Abbazia folignate, al termine della visita guidata, si è tenuto l’incontro: “I valori
della tradizione” coordinato da Claudio Serafini, con la partecipazione del Priore di
Sassovivo Fratel Gabriele Faraghini e del professor Luigi Sensi, Presidente
dell’Accademia Fulginia.
Fratel Gabriele si è soffermato sul significato, storico e odierno, della tradizione
monastica: “E’ vero che ci sono state molte esperienze mistiche, però i monaci
nascono come cenobiti, vale a dire come uomini che decidono di vivere in comunità,
in comunione fra loro. Il richiamo è a ciò che Gesù aveva detto la sera dell’Ultima
Cena: dall’amore che c’è tra voi, riconosceranno che siete miei discepoli. Tant’è vero
che anche i Padri del deserto asserivano che chi intendeva intraprendere la vita
eremitica, lo poteva fare solo dopo una lunga esperienza di vita comunitaria, perché
soltanto così sarebbe stato sicuro che non si trattava di una mera fuga dalla società.
L’eremita infatti non litiga con nessuno… La vita comunitaria ha bisogno di essere
regolata, perciò San Benedetto nella tradizione occidentale e Pacomio in quella
orientale, hanno avvertito la necessità di dare una regola che potesse in qualche
maniera aiutare la vita comunitaria, aiutare a vivere il Vangelo. La vera regola per
ogni cristiano rimane in effetti il Vangelo… La vita comunitaria diventa come una cartina di tornasole per comprendere anche se stai amando Dio, perché non puoi
sostenere di amare Dio che non vedi se non ami il tuo prossimo che vedi”.
“L’Accademia Fulginia – ha spiegato il professor Sensi – nacque nel Settecento dalle
ceneri di precedenti accademia e, come tutte le esperienze di questo tipo dell’epoca,
riuniva la borghesia locale che, invece di promuovere ricerche e studi, appariva più
interessata a fare delle concertazioni con componimenti poetici in occasioni di
matrimoni, monacazioni o quant’altro. Nacque per restituire, attraverso la
documentazione, il giusto ruolo di Foligno nella storia. Nel Settecento c’è ad esempio
il primo tentativo della pubblicazione della storia dei tempi di Sigismondo de’ Conti,
riedita a cura dell’Accademia una decina di anni fa… Subito dopo la seconda guerra
mondiale, allorché Foligno aveva subito un pesante tracollo a causa dei
bombardamenti, la situazione sociale si presentava molto complessa: la fine della
mezzadria e l’inurbamento di ex contadini crearono diverse problematiche… Tra i
recuperi di quegli anni, c’è nel 1948 il tentativo di riaprire l’Accademia Fulginia,
tentativo che però non ebbe successo… Il recupero vero e proprio è stato compiuto
verso il 1961, quando un gruppo di cittadini si riunirono per dare di nuovo vita
all’Accademia…”.
Ha concluso la giornata a Sassovivo il concerto “Volgi gli ochi” dell’Ensemble
Anonima Frottolisti, che ha presenta un suggestivo repertorio di laudi e canti di
devozione popolare tra Medioevo e Umanesimo, eseguiti con strumenti dell’epoca.
La frottola è il genere predominante in Italia di canzone popolare nel corso di tutto il
XV e l’inizio del XVI secolo.
L’Anonima Frottolisti è composta da: Kateřina Ghannudi (arpa quattrocentesca e
voce); Luca Piccioni (liuto e voce); Simone Marcelli (organo portativo,
clavicymbalum e voce); Massimiliano Dragoni (dulcimelo, percussioni antiche e
zampogna).
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