Abbazia di Morimondo

Diciottesima tappa 2024:
Abbazia di Morimondo

Parola declinata: Biodiversità:

Meta della diciottesima tappa è stata l’Abbazia di Morimondo, dove giovedì 12 dicembre è stata declinata la parola: Biodiversità.

Immerso nel verde del Parco del Ticino, a pochi chilometri da Milano e ai confini con il territorio di Pavia, il monastero è stato fondato nel 1134 dai monaci cistercensi provenienti da Morimond in Francia, una delle quattro Abbazie primigenie figlie di Cȋteaux. Dopo un lungo periodo di fiorente sviluppo, con la soppressione degli ordini monastici in epoca napoleonica il complesso fu venduto e frazionato in unità immobiliari. Alla fine del 1982 venne acquistato dal Comune di Morimondo e trasformato in polo museale, mentre la Chiesa Abbaziale è parte integrante della Parrocchia di Santa Maria Nascente.

Il visitatore rimane esterrefatto di fronte a questi edifici stupendi, caratterizzati da spazi molto articolati e stratificati nel tempo che si ergono su una collinetta a ridosso dell’argine del Naviglio di Bereguardo. Antiche vestigia di un tempo in cui i possedimenti dell’Abbazia contavano oltre 3000 ettari tra campi coltivati e boschi, con dipendenze, depositi e mulini dislocati lungo il corso dei torrenti. Una ricchezza di cui oggi rimane una residua testimonianza negli ornamenti architettonici, nella conformazione e nelle dimensioni delle costruzioni.

Dopo la visita guidata all’Abbazia, ha preso il via alle ore 11 nella Sala Capitolare il convegno: “La biodiversità: valore ambientale e sociale nel modello produttivo agricolo lombardo”, presieduto da Livia Pomodoro e coordinato da Tonino Bettanini, Direttore di In cammino – Abbazie d’Europa.

“Un gruppo di monaci cistercensi provenienti dall’Abbazia di Morimond, situata nell’Alta Marna – ha illustrato nella sua introduzione al dibattito Tonino Bettanini – nel XII secolo ha posto le prime pietre di questo monastero, bonificando la terra qui intorno e avviando quel sistema di risorgive e marcite che ha permesso di ottimizzare al meglio la resa dei raccolti. Morimond in Francia era una delle prime quattro Abbazie, insieme a La Ferté, Pontigny e Clairvaux, fondate dalla casa madre di Cȋteaux… Il nome Morimondo è evocativo di ‘morire al mondo’, cioè vivere da risorti… Un segno eloquente della ricchezza di questa Abbazia, che ai tempi attirava tante vocazioni, era la fiorente attività agricola e lo scriptorium, con i suoi amanuensi che trascrivevano codici e documenti”.

I saluti istituzionali sono stati portati dal Sindaco di Morimondo Marco Andrea Iamoni, seguiti dai saluti del Parroco di Santa Maria Nascente Don Giancarlo Sala e di Davide Carnevali, Presidente del Rotary Club Morimondo Abbazia.

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Il primo intervento è stato di Claudio Serafini, che ha affermato: “Vorrei esaminare la parola ‘biodiversità’ sotto tre differenti aspetti. Il primo, riguardo al suo significato; il secondo, rispetto al legame con la comunità, intesa come dialogo o unione di uomini intorno a dei valori condivisi; e terzo aspetto, cosa possiamo fare per salvaguardare la biodiversità. Per il primo punto, diciamo che essa rappresenta la varietà della vita, della creazione, laddove ‘varietà’ non è un semplice calcolo aritmetico… Per il punto successivo, il rapporto tra comunità e biodiversità, possiamo ben comprendere che se questa non ci fosse non ci sarebbero nemmeno le risorse a nostra disposizione per vivere. Ricordo che circa un terzo degli alimenti indispensabili per l’uomo dipendono dall’azione degli insetti impollinatori… E lo stesso discorso vale per i medicinali derivati in larga parte da prodotti naturali e vegetali…Che cosa si può dunque fare per preservare la biodiversità? In Europa, partecipare attivamente al dialogo aperto tra istituzioni, mondo agricolo e associazioni ambientaliste. Ricordo che l’obiettivo del Green Deal europeo è di destinare il 25% dei terreni agricoli a coltivazioni biologiche entro il 2030, quandooggi siamo al 10% circa. Ed è chiaro che la reazione del mondo agricolo di tipo tradizionale è stata molto forte. Ma è anche vero che questa è la strada per preservare la biodiversità e garantire un futuro al pianeta”.

È stata poi la volta di Maurizio Rivolta, Consigliere del Parco Ticino e Vicepresidente del FAI.

“Ultimamente si parla un po’ di più di biodiversità, mentre prima era un argomento affrontato solo dagliaddetti del settore. In realtà è un tema importante per la quotidianità. È stata ricordata nel precedente intervento l’azione degli insetti impollinatori: è stato calcolato che se scomparissero, il PIL calerebbe drasticamente. E c’è poi il versante della qualità della vita: pensiamo alle specie esotiche che stanno invadendo il nostro territorio, dalle zanzare tigre alle cimici… È un tema che non va lasciato agli ambientalisti, ma che riguarda tutti noi tutti i giorni… Il Parco del Ticino con i suoi oltre 90.000 ettari è stato il primo parco regionale italiano ad essere istituito, nonché il primo parco fluviale europeo. Creato nel 1974 per tutelare il fiume Ticino e la ricca biodiversità del suo territorio, si estende dal Lago Maggiore alla confluenza del fiume Po, comprendendo habitat che vanno dai paesaggi alpini alla pianura, con in mezzo i campi delle risorgive. Si tratta di un’area di grande valore naturalistico e densamente antropizzata…Al suo interno troviamo 14 zone speciali di conservazione, un sito di importanza europea, un sito di protezione speciale. Un esempio su tutti: la riserva della Fagiana con ventidue tipi differenti di farfalle… Il Parco si trova inoltre lungo le rotte migratorie percorse dagli uccelli che dall’Africa settentrionale si dirigono ogni anno verso l’Europa e viceversa… In merito alle coltivazioni bio e a quelle intensive, quest’ultime prevedono grandi distese monocolturali che impoveriscono la biodiversità e non giovano affatto alla salute, mentre le prime attuano un’agricoltura variegata con più generi produttivi, garantendo meno prodotto ma di una qualità più elevata. Quindi i costi dell’agricoltura intensiva ricadono alla fine su tutta la comunità… Nel Parco è riapparso anche il lupo, che ha una funzione di regolatore naturale tra le specie del territorio…”.

Biodiversità, agricoltura e paesaggio è stato l’argomento dell’intervento di Maddalena Gioia Gibelli, Presidente della Casa dell’Agricoltura.

“Com’è cambiato negli anni il paesaggio agricolo lombardo? Nel XX secolo avevamo 6000 differenti specie agricole, oggi 60 piante. Nel secolo scorso si mangiavano prevalentemente vegetali di stagione, oggi la dieta è ad alto contenuto di alimenti di origineanimale, grassi, zuccheri, sali. L’agricoltura del futuro sarà soprattutto culturale… La pianura padana fino all’anno Mille era piena di monaci e, grazie a risorgive e marcite, di acqua. Morimondo è stata fondata dopo il 1100 dai Cistercensi e all’epoca era forte il connubio tra cibo e salute, cibo ed erbe medicinali. Il fienorappresentava il petrolio di quell’epoca e delle epoche successive, quando i trasporti venivano assicurati dai cavalli e i buoi trainavano gli aratri nei campi. E Milano era una città ricca e potente proprio per l’abbondanza dei suoi raccolti. Nel ‘400 gli Sforza impiantarono il riso: fu una novità e un’evoluzione per l’agricoltura milanese che sfidò i secoli e apportò un importante sviluppo socio-economico… Dopo la Seconda guerra mondiale si è verificato un divario tra uomo e agricoltura… In Italia la densità della popolazione è dello 0,8 rispetto al suolo, con 196 abitanti per Kmq nel 2020. E abbiamo una varietà notevole di paesaggi, che vanno dalle vette più alte d’Europa, con il Monte Bianco, alla Bassa padana. Ci sono inoltre 60.000 specie autoctone… Dobbiamo perciò tutelare, sostenere e incrementare il rapporto tra cibo, cultura, agricoltura e biodiversità”.

Patrizia Digiovinazzo, tecnico ERSAF, ha spiegato le funzioni dell’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste. Si tratta in pratica del braccio tecnico di Regione Lombardia incaricato di svolgere attività per lo sviluppo e l’innovazione dei settori agricolo, forestale e del territorio rurale.

Per il settore agricolo, le sue funzioni comprendono la formazione specialistica, l’assistenza, lo sviluppo dell’innovazione tecnologica e della competitività delle aziende, la promozione delle produzioni lombardecompresa l’agricoltura biologica. In riferimento al settore forestale e al territorio rurale, le funzioni riguardano tra l’altro la gestione e valorizzazione del demanio regionale e le attività di sostegno della biodiversità.

Digiovinazzo ha illustrato soprattutto due progetti ERSAF: quello per la biodiversità in Lombardia; e Life Gestire 2020. Il primo prevede la realizzazione di interventi d’investimento finalizzati alla salvaguardia della biodiversità e al miglioramento delle connessioni ecologiche nelle aree verdi. Il secondo, della durata di otto anni, riguarda 436 progetti dislocati in 246 siti: 115 nella regione biogeografica alpina, 131 in quellacontinentale. L’ente è presente anche nel progetto sulla “biodiversità urbana” guidato dall’Università Bicocca di Milano.

Paolo Mira, Direttore e Conservatore del Museo dell’Abbazia di Morimondo, ha chiuso il dibattito parlando della costituzione del polo museale.

L’Abbazia venne edificata in località Coronate, a metà strada tra Milano e Pavia. È stato il quarto insediamentocistercense fondato in Italia, posto sui grandi tracciati viari del tempo: un luogo ai margini sì, da cui si potevano però raggiungere comodamente le non lontane vie del commercio. “Un luogo isolato ma non deserto” chiosa il professor Mira.

Oggi l’intero complesso abbaziale è un museo aperto alle visite libere e guidate. È anche presente il Civico Museo Angelo Comolli, situato al primo piano del Palazzo Comunale, dove si conservano alcune opere del pittore e affrescatore liberty Angelo Comolli (Milano, 1863 – Morimondo, 1949), tra i primi a interessarsi fattivamente della conservazione di questo sito storico.

Alle ore 15.30 si è tenuto, sempre nella Sala Capitolare, l’incontro “I colori della biodiversità” coordinato da Tonino Bettanini, a cui hanno partecipato Gloria Mari, Presidente della “Nocetum Società Cooperativa Sociale”; il Rev.mo Padre Stefano Zanolini, Abate di Chiaravalle; Don Virginio Colmegna, Presidente onorario della Casa della Carità; Annastella Gambini, docente di Didattica della Biologia per insegnanti di Scuola primaria e dell’infanzia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Il dibattito è stato presieduto da Livia Pomodoro, che ha interloquito con i relatori ponendo loro alcune domande.

“Quando parliamo di biodiversità, non possiamo dimenticare l’umanità… Partecipano con noi a questo incontro persone che parlano dell’umanità all’umanità, dell’uomo all’uomo… Occorre prestare attenzione e prendersi cura dell’ambiente, esaltandone la bellezza: solo così potremo essere degni della parola ‘umanità’” è stata la premessa della Presidente Pomodoro.

“Faccio parte dal 2001 del gruppo di coordinamento della Conferenza Episcopale Italiana per la custodia del creato – ha precisato Gloria Mari. – E sono presidente del Centro Nocetum: un ettaro di terreno situato nella Valle dei Monaci, poco distante da Chiaravalle Milanese,in cui ci occupiamo della cura delle persone. È stato Papa Francesco a rammentarci che il grido della terra che soffre è il grido dei poveri e sarà il grido di tutti…Le api ci legano a Chiaravalle: lo stesso San Bernardo era definito Doctor mellifluus. Le nostre api sono allevate da apicoltori professionisti e da persone con fragilità. E gli sciami si spostano: perciò dico che sono loro a unirci a Chiaravalle… È sempre Papa Francesco nell’enciclica ‘Laudato si’’ ad ammonirci contro la perdita della biodiversità, un tema ripreso nella sua esortazione ‘Laudate Deum’. Al di là dell’ambito spirituale, c’è poi il programma dell’ONU pubblicato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile… L’apiario al Nocetum compie trent’anni ed è un simbolo di vita…Voglio infine ricordare il discorso che l’Arcivescovo monsignor Delpini ha rivolto alla nostra città, a Milano, in occasione della recente festa di Sant’Ambrogio”.

“I Cistercensi hanno sempre avuto a che fare con la terra – ha esordito Padre Stefano Zanolini. – E nella loro dimensione lavorativa erano e sono in contatto diretto con la biodiversità. I miei padri entravano in monastero per cercare Dio: ciò non voleva dire essere chiusi alle leggi inscritte nella natura che prevedono la custodia del creato. Essi erano immersi in un mondo di relazioni, un mondo contraddistinto da una varietà immensa di fattori. Si occupavano di disboscamento, piantumazione, allevamento, riserve idriche e ittiche, lavorazione dei prodotti. Oltre alla ricerca fondamentale di Dio, c’era il mantenimento del monastero e l’andare incontro agli altri. Questo equilibrio poteva essere messo a dura prova da elementi negativi. Un equilibrio dato da relazioni reciproche che risultava utile e di cui tutti potevano godere: un equilibrio stabile normato dalla regola di San Benedetto. Infatti il confronto tra fratelli poteva creare relazioni positive o negative, equilibrate o meno. La regola benedettina non presenta una comunità perfetta, ma umana… Senza relazioni si muore. Vivere è relazionarsi con il mondo circostante, che sta intorno a tutti noi, costruendo un clima di fiducia reciproca. ‘Che i monaci si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore’ prescrive San Benedetto. Sono le relazioni che danno calore e colore. Il colore dell’uomo è il colore delle sue, delle nostre relazioni… Benedetto nella sua regola pone davanti a sé l’uomo… La cura dell’umano garantisce ancora un cammino”.

“Penso alla Casa della Carità – ha sottolineato Don Colmegna – come a chi ascolta il grido dei poveri. Nelle Abbazie la foresteria era sinonimo di ospitalità. Oggi abbiamo bisogno di monastero, di foresteria, di silenzio attorno a noi. Di tornare a vedere i colori dell’arcobaleno… Penso al grido di quella bimba di undici anni sola su quel barcone che ha attraversato il Mediterraneo. Perché non ascoltiamo quel grido, perché siamo indifferenti e insensibili e passivi?…”.

“Il colore delle macerie causate dalla guerra è grigio – è intervenuta Livia Pomodoro rivolgendosi a Don Colmegna. – Vorrei allora domandarti qual è il colore del futuro che ci aspetta?”.

“I colori fanno desiderare il futuro… L’arcobaleno desta stupore, ma purtroppo i giovani non si stupiscono più, non c’è più stupore!…”…

L’incontro è stato chiuso dalla professoressa Annastella Gambini.

“La biodiversità è intrinseca alla vita e si è formata insieme alla vita stessa. Analizzando il suolo, che è come se fosse la pelle, la membrana del pianeta, possiamo scorgere in cento grammi di terra cento miliardi circa di batteri, cinquecento specie diverse di protozoi, diecimila nematoidi: infatti il suolo va considerato come un organismo vivente in sé… Perché la biodiversità va salvaguardata? Basti pensare che il 40% dei medicinali che assumiamo deriva dalle piante…Perciò salvaguardare tutti gli ecosistemi del pianeta e la loro varietà naturale significa investire sul futuro della nostra salute e, in definitiva, sul futuro dell’umanità”.

Dopo l’intervento video del Maestro Fabio Vacchi, il concerto “Archiworld. Il mondo come una grande orchestra” del Quartetto Archimia ha concluso la giornata del 12 dicembre. Nella Sala Capitolare di Morimondo, gremita di spettatori, sono riecheggiate le note di Dvořák insieme ai brani di Britney Spears e Harold Arlen, in un repertorio che ha unito musiche classiche e melodie contemporanee.

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